Il Parco Nazionale d’Abruzzo vanta un doppio, importante primato. Da un lato è il più antico Parco italiano, testimone dell’amore della patria per l’ambiente. Dall’altro, i risultati visibili, con le sue terre popolate da specie una volta considerate quasi estinte, come il lupo e l’orso. Storicamente, il primo nucleo del Parco può essere individuato nelle riserve di caccia della famiglia Spatari. Proprietari terrieri, gli Spatari usarono tutto il loro denaro e la loro influenza (dovuta anche alla parentela con il filosofo Croce) per la creazione di un’area protetta, compresa tra i comuni di Opi e Castellafiume. La zona riceve determinate tutele dai vari governi d’Italia, dai Savoia fino alla Repubblica. Camminando oggi per il Parco, si nota subito le quattro catene montuose, fisicamente separate ma considerate tutte parti dei Monti Marsicani.
Tra questi, spicca il Gruppo di Monte Tranquillo, i cui territori corrono paralleli al fiume Liri ed alla Valle Roveto. Il Gruppo ha una morfologia particolare ed insidiosa, ricca di doline, inghiottitoi, uvali e corsi d’acqua che uniscono brevi tratti in superficie a lunghi tratti in profondità. La presenza di acqua diventa particolarmente evidente a Lacerno, particolarmente ricca di sorgenti. Arriva poi il Gruppo del Monte Marcolano: sorta di appendice del Tranquillo, mostra un andamento regolare, con scarse rotture di faglia. Tra le zone degne di visita, le sorgenti del Sangro, dove le acque si muovono intorno a valli ed altopiani carsici, e la Cascata dell’Acqua Ventilata, posta nel comune di Gioia dei Marsi. Ma il vero asso nella manica sono le specie animali ospitate, in primis il lupo e l’orso. Nell’antichità il lupo era il signore delle selve abruzzese, fatto testimoniato da leggende locali che parlano di branchi guidati da demoni-lupo e di interi villaggi sterminati da tali animali. Poi, l’urbanizzazione e la caccia sregolata ne avevano determinato la quasi estinzione. Oggi, il Parco ospita almeno 50 esemplari, capaci di espandersi anche nei vicini Appennini toscano e laziale. Detto questo, la mascotte del Parco è l’orso marsicano. Come il lupo, le politiche di protezione e di introduzione di prede hanno favorito l’aumento della popolazione, capace di raggiungere quota 80 esemplari e di raggiungere le valli basse popolate dagli umani. Questo ha portato sia nuove attrattive turistiche, legate all’osservazione degli orsi, che problemi, con i plantigradi che predano le greggi e gli alberi da frutto.